STELLE FISSE: Franca Soncini
“Stelle Fisse” è la rubrica che esplora la costellazione di donne che rendono Milano una città per cui vale la pena restare.
Raccontare è un talento, farlo nel tempo di una sigaretta è un’arte?
I suoi genitori l’hanno chiamata Francesca il primo di novembre, il suo babbo faceva di cognome Cavagnini. Nessuno l’ha mai chiamata con quel nome. Forse meglio così, perché in Lombardia lo avrebbero pronunciato “Francèsca”, con la e aperta. Ad ogni modo si è dovuta rassegnare. Poi si è sposata, ha preso il cognome del marito – Soncini – e così è rimasta. Quando ha avviato il lavoro, quello che avrebbe tenuto per tutta la vita, non le andava di fare una riunione per cambiare nome. Come un fantasma che si aggira per l’Europa, solo medici e polizia sanno davvero come si chiama. Per tutti gli altri, il suo nome è Franca Soncini.
Franca nasce povera, figlia di un uomo buono distrutto da anni di guerra. Da ragazzina baciava i fidanzatini dietro le sbarre di casa. Le andava bene, bastava che non fossero macellai. Finite le medie, trovò impiego in un’azienda metalmeccanica e si ruppe mezzo corpo con la ginnastica acrobatica: “facciamoci del male” sarebbe potuto essere il suo motto. Ma è in ospedale, con il piede ingessato, che delira sui giornali. Scopre che la parola “pubblicità” le piace.
Rispose a tre annunci e si presentò zoppa ai colloqui. Franca a fine anni Sessanta prendeva 27 mila lire a settimana. Al primo colloquio con un’azienda pubblicitaria ottenne una proposta di 120 mila lire. Anche se non sapeva l’inglese, l’intervistatore pensò che al direttore esecutivo servisse una così simpatica. Al secondo colloquio, cercavano una segretaria che sapesse il francese – quello lo parlava – e ottenne quindi una proposta di 130 mila lire. Al terzo fu lei a chiederne 140 mila e il signor Elio Fiorucci, nonostante avesse in mente una cifra più bassa, ritenne che per lei ne sarebbe valsa assolutamente la pena.
Così inizia la carriera di una donna curiosa. Nel 1975 lasciò Fiorucci per aprire la sua agenzia. Nel ’83 quelli di Comme Des Garçons stavano cercando un PR per l’Italia, Franca fu raccomandata da Franca Sozzani. Rei Kawakubo le cambierà la vista e l’udito. I suoi altri amori furono prima Martin Margiela, poi Alexander McQueen, per finire con Issey Miyake.
Il suo talento è l’intuito feroce: sbaglia raramente, sa spiegare la bellezza agli “intellettuali simpatici”, come li chiama lei, quelli che nella stranezza sanno riconoscere un senso. Assoldò l’anti-fotografo di moda Robert Frank per i cataloghi di Aspesi. Quando Rei Kawakubo li vide, ingaggiò Frank come contributor di Six.
Adora gli angeli, perché si prendono cura del dolore degli altri.
L’intesa con il nuovo cliente Paolo Pallucco nacque da passioni condivise: Bob Dylan e le Elegie duinesi di Rilke. È sempre Robert Frank a farle scoprire Pina Bausch per la prima volta. Insieme a Pallucco rintracciano lo scenografo di Nelken per ricreare il celebre pavimento di garofani in plastica. Peter Pabst viveva in un’ex chiesa, e per raggiungerlo percorsero un sentiero a strapiombo. “Cazzo, Peter, ci hai fatti quasi morire”, esclamò lei. Bastò quella frase, lui rispose: “Qualsiasi cosa vogliate, è sì”.
Per una così abile con le parole, ha una passione enorme per i numeri. Il suo numero del nome è 9, simbolo di sensibilità, empatia e lealtà. Il numero del cuore, cioè quello delle vocali, è 8: rivela un desiderio di riuscita, soprattutto in attività fuori dall’ordinario. Infine, il numero della personalità, calcolato dalle consonanti, è 1: indica una natura decisa, portata a guidare gli altri e a rendersi utile attraverso le proprie scelte.
Franca non piange quasi mai, ma si spezza spesso. Le ingiustizie la fanno incazzare parecchio, adora gli animali, non parla coi fascisti e misura il suo ego solo quando c’è da cambiare il mondo (anche se “non cambia mai un cazzo”). Ride guardando le facce dei cani – anche i più brutti sono belli, dice – o quando li vede da dietro camminare (“Hanno culo e andature buffe”), e poi ride a crepapelle quando ascolta Keith Richards parlare.
Gioca a solitario ogni mattina, tra un caffè, una sigaretta e le medicine. Il suo passatempo preferito è guardare Sinner e Atmane. Sinner perché le ispira amore materno, Atmane perché sarebbe il suo amante ideale. Se c’è qualcosa che disimparerebbe è farsi del male: ha commesso pochi sbagli, rimane la coazione a ripeterli. Ha amato la sua cagnolina Tilda più di qualsiasi uomo. È per lei che non ha più mangiato carne.
Se potesse essere qualcun altro, sceglierebbe Charlotte Gainsbourg: “tribolata come me”.
Franca Soncini non crede nella fortuna, ma nella speranza. Come quando i Sex Pistols l’avevano paccata per un concerto al Teatro Ciak e all’ultimo sono stati sostituiti con Adam Ant, che l’ha salvata dalle furie del proprietario e le ha regalato un paio di pantaloni. Ha vissuto un mondo più bello di quello di adesso. Perché tutto cambia e niente cambia – e in mezzo, lei, che continua a provare.
Il suo peggior nemico oggi è Giorgia Meloni e la sua “band di cretini”.
È innamorata di sua figlia Sara, e delle sue nipoti Viola e Nina, angelo e demonio (dolcissima però).
Mi ha detto che i suoi migliori amici siamo io, Gabriele Della Maddalena e Alessandro Merlo. Noi tre, come tutti quelli che godono del suo amore testardo, non sapremo mai cosa abbiamo fatto per meritarcelo.
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Nettuno Battisti, divinità marittima di professione, paroliere per predilezione. Zigzaga tra queerness e semiotica. Dopo la laurea in comunicazione segue rotte inspiegabili, mentre medita silenziosamente la sua prossima mossa.
Fotografie di Alessandro Merlo