L’Uomo Giusto
In un articolo per Interview, la poetessa Riley Mac si interroga sul motivo per cui tante celebrità bisessuali (lei cita JoJo Siwa e Billie Eilish, ma ce ne sono a bizzeffe, tra cui Megan Fox e Gillian Anderson) sembrano finire quasi sempre in relazioni stabili con uomini. Anche dopo aver dichiarato pubblicamente la propria appartenenza alla comunità LGBTQ+, come nel caso di JoJo Siwa, il cui coming out è stato così grottesco da provocare il famoso second hand cringe in mezzo internet, molte ritrattano o riformulano la propria identità. Siwa, in particolare, ha recentemente affermato di non aver mai detto pubblicamente di essere lesbica (falso), di aver trovato l’amore della sua vita – il conduttore televisivo Chris Hughes – e di sentirsi ora più a suo agio con il termine queer.
La sua ex fidanzata, Kath Ebbs, ha raccontato pubblicamente la fine della loro relazione, parlando di love bombing e tradimento emotivo, spiegando di essere stata lasciata proprio durante il party di chiusura del Grande Fratello VIP UK, al quale Siwa partecipava come concorrente.
Ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole. Non si può colpevolizzare una donna bisessuale per amare un uomo – è letteralmente ciò che implica una sessualità non monosessuale – né per aver scelto una nuova etichetta, più vicina, per descriversi. Tuttavia, la concezione che una donna bi debba solo trovare l’uomo giusto, è più radicata e sistemica di quanto si pensi.
Lancio una riflessione: quante volte accade il contrario? Quante volte un uomo dichiaratamente bisessuale viene, innanzitutto, riconosciuto come tale e in seguito intrattiene una relazione stabile con una donna, senza che ciò cancelli la sua bisessualità agli occhi dell’opinione pubblica?
Nelle parole di Riley Mac: «Gay-identifed men falling in love with women. Of course it happens, right? But why not nearly as often? And definitely not in the Internet-celebrity-public opinion-pop culture panopticon». In altre parole: perché questo tipo di narrazione è così rara, quasi impensabile, quando riguarda gli uomini?
Sebbene essere in una relazione romantica sia generalmente considerato benefico per la salute mentale, per le donne bisessuali è associato a una peggioramento. Inoltre, il genere del partner di una donna bisessuale può influenzare le esperienze legate al proprio orientamento sessuale e il suo benessere psicologico, specialmente nel momento storico odierno: il «cristofascismo» globale (grazie, Riley Mac), in cui le identità queer vengono vessate ed invalidate costantemente.
La rappresentazione mainstream della bisessualità maschile, sia nella fiction che nella realtà, è scarna, sussurrata, quella che c’è raramente brilla. Ipersessuali, inaffidabili e confusi – questi alcuni dei miti pericolosi associati all’uomo vorace a cui piace tutto.
Ho l’impressione che esista una forma di malessere patriarcale nei confronti della fluidità sessuale maschile: se nelle donne viene spesso feticizzata, negli uomini è percepita come una lettera di dimissioni dalla virilità. Lo spazio per i maschi bisessuali è un non-spazio. Rigettati sia dalle persone etero che non-etero: non abbastanza queer, non abbastanza uomini, in costante negazione.
Ma perché amare gli uomini è così ovvio? Ci piacciono davvero così tanto? Perché se una donna ama una donna, finirà per amare un uomo, mentre un uomo bisessuale è gay a prescindere?
La risposta breve è che tutto dipende dall’interazione tra tre sistemi: l’eterosessualità obbligatoria – o compulsory heterosexuality, termine coniato da Adrienne Rich nel 1981 – la monosessualità e la bifobia.
La risposta lunga, è che per le donne amare un uomo significa allinearsi alle aspettative sociali. La queerness femminile è spesso raccontata in relazione al desiderio, piacere e sguardo maschile. Anche gli uomini sono iper-scrutinizzati: le loro interazioni, anche non-romantiche, vengono sorvegliate. Un uomo che esprime affetto nei confronti di un altro uomo fa un passo avanti verso l’omosessualità. Per tutti, la bisessualità è un ponte da attraversare, mai un punto di arrivo.
Il pensiero binario e bifobico alimenta la tendenza culturale a definire la sessualità di una persona in base al partner attuale, anziché alla sua identità. L’eterosessualità obbligatoria semplifica, e come ogni semplificazione, è spesso pericolosa. Optare per una visione meno complessa, monosessuale appunto, significa disciplinare e cancellare le identità queer che al di fuori degli stampini binari. La mascolinità viene trattata come un bene prezioso: fragile, a rischio, facilmente perduto.
Forse, dopotutto, gli uomini non piacciono davvero così tanto alle donne. Più che di desiderio, è questione di potere, aspettative e tessuto sociale, nel regime del fallocentrismo.
Le donne vengono condizionate, sin da un’età prepuberale, a desiderare gli uomini, a fare attenzione alle loro attenzioni. Imparano presto che il valore passa attraverso l’essere desiderate. E appena “saranno pronte”, daranno priorità alle relazioni con gli uomini. Il risultato? Quando c’è, il desiderio queer è minimizzato e represso – l’eterosessualità, invece, è un’opzione che si fa inseguire.
Le persone queer rappresentano una minoranza, anche in termini numerici. Di conseguenza, anche gli spazi queer sono una minoranza numerica, per non parlare di quelli dedicati solamente alle donne. Vengono frequentati da tutti, è dunque complicato farsi leggere come appartenente alla comunità LGBTQI+, quando la tua espressione di genere non lo rende immediatamente visibile o leggibile. Inoltre, gli spazi destinati alle donne – spesso costruiti con fatica in risposta a una lunga storia di esclusione – tendono a porre dei limiti in termini di accesso, per timore che vengano invasi o sottratti, compromettendo quell’autonomia duramente conquistata. In questo contesto, una donna bisessuale con un’espressione di genere “non sospetta”, magari anche appartenente alla comunità transgender, può ritrovarsi esclusa o non riconosciuta all’interno di questi ambienti.
Allora, ci si può rivolgere alle dating app, anch’esse piuttosto eteronormative. E poi, diciamolo: i maschi hanno più spirito di iniziativa. Nonostante i nobili e sacrosanti tentativi di sovvertire il sistema, gli uomini sono incoraggiati, educati, a fare la corte, mentre le donne aspettano di riceverla.
Il mondo premia l’eterosessualità. Se una donna bisessuale viene fatta sentire non abbastanza queer, esclusa dagli spazi queer, e la sua sessualità viene ridotta a una semplice ed eccitante sperimentazione, allora il suo ritorno a una relazione con un uomo non è più una scelta autentica, ma un meccanismo di sopravvivenza all’interno del regime patriarcale.
cErrata corrige: ho descritto qui sopra l’eterosessualità obbligatoria come un agente che agisce – e sì, lascerò l’errore che ho commesso, perché penso sia importante sottolineare la differenza: non sono l’eterosessualità obbligatoria e la bifobia che agiscono, ma le persone che, instancabilmente, le assecondano.
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Nettuno Battisti, divinità marittima di professione, paroliere per predilezione. Zigzaga tra queerness e semiotica. Dopo la laurea in comunicazione segue rotte inspiegabili, mentre medita silenziosamente la sua prossima mossa.
Illustrazioni di Vetra Cerulli